Saturday, January 12, 2008
Cose che solo in Italia (2)
- L'odore di cucina - stufato, arrosto con patate - che si propaga per la tromba delle scale uscendo di casa...che ogni volta il gioco è indovinare da dove viene...e controllare i succhi gastrici
- I giornali: il mio amatissimo Manifesto, ma anche Internazionale
- Le librerie in cui perdersi
- Il suono delle campane
- La possibilita' di andare a piedi dappertutto
- Un senso dell'umorismo un po' sciocco ma affettuoso
- Poter incontrare gli amici per un caffe' o uno spritz senza dover controllare l'agendina
- La spesa al mercato, con la frutta e la verdura di stagione (a Pittsburgh un qualcosa del genere c'era, per la verità)
- La facilità di raggiungere il mare e la montagna
- I borghi delle città, un po' dappertutto in Italia
- L'arte di arrangiarsi tutta nostra
- Capitolo cibo: Il pane - il pane che c'è qui (e non quello toscano, per quanto non mi discpiaccia, ma il pane qualsiasi, da quello normale casereccio a quello cotto a legna); le friselle; la pizza buona; la mozzarella di bufala
...e poi, da più parti, gli amici, gli amici italiani a cui vogliamo tanto bene ma che - confermo in pieno! - a comunicare col mezzo "tecnologico" (ormai fa quasi ridere, riferendosi alla rete), sono veramente restii o negati, brutti stronzi!!! Svegliaaaaaaaaaaa!
Sunday, December 16, 2007
Cose che solo in Italia
Una cosa che pensavo già da un po' di giorni. Tanti mi chiedono cosa mi sia mancato di più del'Italia...e qualcuno ha pure la risposta bell'e pronta, tipo, il cibo! Invece no, per esempio il cibo in generale non troppo...al mitico Maccaroni Pennsylvania, meta del fine settimana per tutti gli Europei di Pittsburgh, si trova tutta roba importata, e a buon prezzo. Per cui, se ti cucini da te, nessun problema. Semmai il ristorante italiano è un altro discorso...
Comunque, distrattamente mi sono accorto di alcune cose che veramente mi mancano dell'Italia, e che mi sa neppure in altri Paesi del Mediterraneo ce l'hanno. Visto che sto per emigrare di nuovo, potrebbe essere una non salutare operazione nostalgia. Ma se avete suggerimenti, voi lettori casuali che vi siete imbattuti in questo vecchi blog ormai malandato, lasciate pure traccia!
Le prime cose di cui mi sono accorto sono:
- Il pane - il pane che c'è qui (e non quello toscano, per quanto non mi discpiaccia, ma il pane qualsiasi, da quello normale casereccio a quello cotto a legna)
- L'odore di cucina - stufato, arrosto con patate - che si propaga per la tromba delle scale uscendo di casa...che ogni volta il gioco è indovinare da dove viene...e controllare i succhi gastrici
- I giornali: il mio amatissimo Manifesto, ma anche Internazionale
Andrò aggiornando anch'io...
Thursday, November 22, 2007
The wall - open letter to Pittsburgh friends

For the pictures and all the nicest written thoughts I got from you my during last days there and before, I'll need a wall, to hang them all and have them in my eyes every morning. I still don't have that wall, since, as you know, I'm not sure where I'll be next.
But, more important, I'd need a wall to spread on it all the images of your faces I saved in my mind in all this time, either smiling, laughing or seriously engaged in some conversations or activities. I would also sketch on it the intense moments and experiences I had with each of you, to show everybody else. Again, the wall is not there yet, maybe is waiting somewhere, probably has still to be built.
So I'll have to keep all this inside, for the moment. I know I'll have a hard time trying to express the life I had in Pittsburgh beyond the mere events. As we agreed many times, Pittsburgh grows on you. I want to think it's because of the steelworkers past, so full of real life, which melted into the dynamic cultural activity around Universities, now mixing together many different people.
I'm sure that new exciting things are coming for everybody, but I'll miss this city and YINZ all.
In any case we'll meet again soon, this is certainly just the beginning: as we say, this is not an "addio", but only an "arrivedereci".
I'm not sure somebody said this before, but definitely "Ich bin ein Pittsburgher!".
A hug,
Marco
PS I turned a little bit sentimental during the last days there, so I hope you can forgive me if I went too far.
Sunday, September 23, 2007
In Pittsburgh again
Gran parte della famiglia dell'anno scorso se n'è tornata in Europa: Sandra, Anna, Josep (Catalunya), Ravinder (UK) i Vincent (France) hanno lasciato Pittsburgh. Altri sono rimasti (Marta, Pierre, Ana, Felix), altri amici sono ormai stanziali, per loro fortuna o sfortuna: tra questi Piero e Jitka, MaryRose e Laird. Un piccolo nucleo, a cui si aggiunge gente nuova, incontri ormai inaspettati e piacevoli. Ormai mi sento un po' caduco, con un piede qui e uno nella vecchia Europa, ma per il poco tempo che rimane resto attaccato alla vita del Burgh, forse più di prima, visto che già da tempo qualche radice che mi lega a questo luogo è spuntata.
Insomma, solo un breve aggiornamento, anche per chi, come gli amici Beltra o Alessio, non si sono rassegnati alla morte del blog. Ma è solo un passaggio fugace, almeno per adesso. Ero curioso di provare, in particolare, se ancora ricordavo la password, e se dopo tanto tempo il sito mi avrebbe lasciato entrare. Mi sono fatto prendere un po' la mano. La verità è che ogni tanto ci penso...questo potrei postarlo sul blog. Pero' le cose da fare ormai si accumulano, e non trovo l'energia sufficiente. Per cui credo che per ora resterà una una piccola fessura nel sipario calato, senza strappi di hitchcockiana memoria. Saluti.
Thursday, June 14, 2007
Epilogo: Gaza, guigno 2007
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ESTERI:
GAZA, LA FOLLIA DEI PALESTINESI E QUARANT'ANNI DI OCCUPAZIONE MILITARE
di SANDRO VIOLA
Mahmud Abbas, il presidente dell'Autorità palestinese, ha ragione: quel che sta accadendo a Gaza è "una follia". Una guerra civile che invece di coinvolgere, come sempre nelle guerre civili, classi sociali diverse, interessi economici in conflitto, ha spinto nel precipizio una stessa massa di pezzenti impazziti. Gli uni e gli altri, quelli di Fatah e quelli di Hamas, senza lavoro da anni, tenuti in vita dagli aiuti alimentari dell'Onu, con montagne d'immondizie e minacce d'epidemie sulla porta di casa, una gran parte senza acqua né luce.
Una massa di disperati che si contendono il potere in un paesaggio di tremenda miseria. In quell'anus mundi che è oggi la Striscia di Gaza. Lo s'era detto giorni fa, e vale la pena di ripeterlo. I palestinesi appaiono incorreggibili. Invece di proporsi verso Israele e la comunità internazionale come interlocutori credibili in un negoziato di pace, essi forniscono pretesti e ragioni a quella parte della società israeliana che non vuole trattative, compromessi, accordi, sostenendo appunto che sul versante palestinese "non c'è nessuno con cui negoziare". E quindi sono loro, i dirigenti e i seguaci di Fatah e di Hamas, i responsabili dei combattimenti di strada in corso da giorni, delle vittime, del caos che stanno sconvolgendo Gaza.
Loro i responsabili di quella che sembra ormai la vera e più drammatica conseguenza dello scontro: il disfacimento dell'Autorità palestinese. Il vuoto politico, l'anarchia forse senza scampo in cui versano ormai i territori della Palestina occupati quarant'anni fa da Israele.
Tutta colpa dell'Islam radicale portato in Palestina da Hamas, e quindi delle divisioni innescate nella società palestinese (un tempo la porzione più laica del mondo arabo) dall'irrompere del fanatismo religioso? No, solo in parte. Ci sono altre colpe, altre responsabilità che hanno condotto alla formazione del contesto sociale e politico in cui oggi vediamo divampare un inizio di guerra civile. Questo è il punto da mettere in luce: il contesto, il quadro in cui sono giunti al punto d'esplosione le rivalità, la rabbia intestina, "la follia" dei palestinesi.
Ricostruire fase per fase, episodio per episodio, il formarsi del contesto da cui sono scaturiti i combattimenti di Gaza, sarebbe lungo.
Bisognerà quindi limitarsi ad elencare le tappe, i fatti principali. Intanto l'occupazione. Che cosa hanno prodotto nelle menti, nell'animo dei palestinesi, quattro decenni di occupazione militare israeliana? Quarant'anni di terre espropriate, di acque deviate verso le piscine delle colonie ebraiche, di ulivi dei contadini palestinesi tagliati alla base durante i raid dei coloni più estremisti, di rappresaglie devastanti, di code interminabili ai posti di blocco dell'esercito.
È mai stata fatta giustizia, da parte israeliana, dei soprusi dei coloni, delle inutili violenze dell'esercito ai posti di blocco, delle partorienti che rischiavano di partorire per strada e sotto il sole a picco, delle tre ore e più che uno studente impiegava per superare il reticolo dei check point e raggiungere la sua scuola o università a pochi chilometri da casa? È mai stata chiesta giustizia dalla comunità internazionale per gli "omicidi mirati" che l'esercito e l'aviazione d'Israele compiono da anni, vere ed proprie condanne a morte senza l'ombra di un'istruttoria o d'un processo? Sì, quella palestinese è una follia: e un episodio di ieri - due donne, di cui una incinta, che cercavano d'entrare in Israele cariche d'esplosivo per farsi saltare in un posto affollato - costituisce un dettaglio significativo della caduta della ragione nel mondo palestinese.
Ma un'occhiata al "contesto" per vedere se da esso siano venute alcune delle cause di tale follia, alcuni degli stimoli al suo scatenamento, è doverosa. È doveroso chiedersi quale altro popolo avrebbe sopportato senza perdere la ragione i quarant'anni che hanno vissuto i palestinesi. È vero: sono stati loro, con i loro kamikaze, ad imprimere una delle svolte più tragiche e bestiali al conflitto che li oppone ad Israele. Ma anche qui il "contesto" suggerisce qualcosa che va tenuto a mente.
I kamikaze di Hamas sono comparsi nel 2001, trentaquattro anni dopo l'inizio dell'occupazione. Non c'erano kamikaze, prima. Quanto ad Hamas, chi conosce le vicende della Palestina occupata sa bene quanta parte abbiano avuto gli israeliani nell'insediamento degli islamisti a Gaza e in Cisgiordania. Come nella seconda metà degli Ottanta fossero visti, da Ariel Sharon in particolare, quali utili contendenti dell'Olp di Arafat. Come ne vennero favorite la crescita e le attività, così da produrre due risultati: uno certo, l'indebolimento dell'Olp, e un altro auspicabile, lo scontro interno tra le due fazioni. Non c'è dubbio: oggi hanno ragione gli israeliani che sostengono l'assenza di interlocutori affidabili sul versante palestinese. Con chi si dovrebbe negoziare: con le bande armate di Hamas, con quelle della Jihad islamica, con i resti delle forze fedeli a Mahmud Abbas? No, con questi, a questo punto, non è possibile trattare.
Ma il "contesto" ci serve anche a vedere come siano stati bruciati da Israele quelli che forse avrebbero potuto essere gli interlocutori affidabili. Arafat prima, screditato, ridicolizzato dall'assedio posto da Sharon, per un anno e mezzo, al suo quartier generale di Ramallah, mentre Hamas convinceva i palestinesi che l'unica via d'uscita dall'occupazione fossero gli attentati e l'intransigenza verso "l'entità sionista". E poi Mahmud Abbas, bruciato anch'egli da Sharon al momento del ritiro da Gaza. Ritiro unilaterale, senza che Abbas vi avesse alcun ruolo, senza che vi fosse una sia pure simbolica consegna della Striscia all'Autorità palestinese. Forse l'atto più rilevante per la vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi del marzo 2006.
E in ultimo sarà bene non dimenticare la sospensione degli aiuti e dei finanziamenti all'Autorità palestinese, decretati dagli Stati Uniti e dall'Unione europea dopo la formazione del primo governo Hamas, e in larga parte ancora mantenuta nei confronti del governo di unità nazionale Hamas-Fatah. Certo, sembrò giusto tagliare i fondi ad un'organizzazione come Hamas, che non ha mai rinunciato al terrorismo e non intende riconoscere Israele. Ma oggi bisogna forse parlare d'un errore. La povertà a Gaza è aumentata, la disperazione ha spento gli ultimi barlumi di ragione, e questo ha certamente avuto un peso nell'innesco dello scontro intestino.
Ecco, il "contesto" non va dimenticato. Quando si critica la politica dei governi israeliani, bisogna sempre tenere presente che Israele è l'unico Stato di cui una parte del mondo discute ancora sulla sua legittimità, sui suoi confini, e anzi contesta l'una e gli altri. Questo induce a giustificare, volta per volta, anche gli errori più gravi della politica israeliana. Ma d'altra parte, come ignorare che sono stati anche quegli errori a produrre "la follia" palestinese?
(14 giugno 2007)
Tuesday, May 01, 2007
Rotta verso Seattle, WA

Domani me ne volo a Seattle, patria del "movimento no-global", del grunge (casa dei mitici Pearl Jam) e, meno nobile, location della serie "Gray's Anatomy".
Un pomeriggio di turismo e due giorni e mezzo di congresso.
Sono piuttosto curioso, ho sentito che la citta' e' bella e l'atmosfera molto liberal e rilassata, come mi immaginavo. L'unica seccatura e' che sono 8 ore di viaggio, visto che e' sulla west coast (3 ore di fuso orario), e da Pittsburgh non ci sono voli diretti. Facevo prima a tornare nella vecchia Europa...
Comunque, se qualcuno di voi c'e' stato e ha qualche consiglio, si faccia avanti! Grazie.
Vi daro' mie notizie.
Friday, April 27, 2007
Il cerchio comincia a chiudersi
Sarà come quel Maggio del 2006, quando scoprii questa città che mi apparve deserta, e brutta. Ricordo quegli stessi carrelli che scorrazzavano allo stesso modo alla mia seconda visita, a fine Agosto, per popolare i campus e dare un volto alla città. Da allora molte scoperte, posti insospettabilmente gradevoli, e soprattutto persone, che sono l'essenza dell'esistenza, dovunque si viva.
Wednesday, April 25, 2007
Il paradosso di Achille...

Wednesday, April 18, 2007
Corollario(i) - qui è un casino, Kitt!
Primo: nel lettore della macchina ci ho trovato pure un CD non rigato di Leonard Cohen ...quindi ho tutto il diritto di chiamarla davvero supercar, o la fantastica macchina di plastica.
Secondo: ma Michael Knight aveva una vita sentimentale, o almeno sessuale? Si limitava a flirtare con Bonnie, ma poi aveva una storia con Devon Miles? O era talmente frustrato che ha dovuto fare Baywatch per rifarsi, e per ristrutturarsi la reputazione? Certo, il passaggio di consegne tra i due ruoli di Hasselhoff, il puritano Michael e il libertino Mitch Buchannan, la dice tutta sulla deriva della morale. Mi sorprendo che Giuseppe e Tarcisio non abbiano ancora espresso la loro opinione in merito.
Sul tema, poi, potrei andare avanti all'infinito: tipo, ho appena scoperto che Baywatch è stata la serie più vista in TV in tutto il mondo, che David Hasselhoff sta preparando il ritorno di Knight Rider per il 2008 (vediamo se riesco a rifilargli Kitt per 500 dollari) e che è un cantante famosissimo in Germania, dove ha tenuto un concerto nell'89, per la caduta del muro, con 500mila spettatori (fossi Papa io questo mi preoccuperebbe molto, ma molto di più).
Ora basta, vo a letto.
Tuesday, April 17, 2007
Ce l'ho io!


Tutto questo in cambio di qualche ora di turtle-sitting: in sostanza

Ora devo andare..."vieni a prendermi, Kitt!".
Sunday, March 25, 2007
Appunti sulle proteste al quarto anniversario, 3° e ultima parte

Solo questo...una band di strada (tipo i fiorentini "fiati sprecati") suonava e cantava una versione americana di Bella ciao, con un testo distorto che poco aveva a che fare.
Mi sono ritrovato a cantare, da solo, la versione orginale al megafono, camminando su Craig south, e hanno preteso il bis tra Fifth e Bouquet street.
Un successo di pubblico e critica, chissà se anche qualche agenzia federale avrà preso nota.

Tuesday, March 20, 2007
Appunti sulle proteste al quarto anniversario, 2° parte

Metti un italiano, quattro catalani, due francesi e un olandese a Washington, un sabato mattina in cui il vento tagliente ancora spazza le strade. Metti un giorno di Marzo, a 4 anni dall’inizio della guerra in Iraq e a 40 da quella in Vietnam.
o il percorso, dal Lincoln memorial fino al ponte sul fiume Potomac. Tra i due fronti, poliziotti a cavallo. Traditori, terroristi, se non vi piace andatevene dagli US, la pace attraverso la forza, questi alcuni slogan nei cartelli e dalle gole dei contro-manifestanti. Qualcuno fa il gesto di sparare con una pistola di tre dita su noi manifestanti. Le bandiere americane sventolano con orgoglio fuori, in questa ala inquietante che costeggia il corteo, ma anche dentro, dove sta l’altra metà dei veterani, quella contro la guerra. E paradossalmente, a un certo punto un grido all’unisono si leva da tutti e due i gruppi, tuonando “U-S-A, U-S-A”, come a rivendicare l’orgoglio di questo Paese in cui tutto sembra iniziare e finir
e.
mo guidare da un volontario dell’ostello dentro la “diversità” del quartiere del giorno prima, Adams Morgan, storico nucleo di integrazione raziale sperimentale a W. Ma, prima di partire, giro di presentazioni: più di metà del gruppo, cioè noi, è a W per via della marcia. La guida è sorpresa della nostra giovane età rispetto alla media delle manifestazioni nella capitale, in gran parte vecchi hippies senza ricambio generazionale. Poi gli scappa, candidamente:”Allora meglio che non vi dica chi ho votato”. Certo che come no-global pacifisti incazzati non facciamo proprio paura a nessuno! Più tardi, nel bar, gli offriamo persino la birra.
E' sempre possibile ingrandire le foto cliccandoci sopra, anche per vederli nel viso, quelle facce di...bronzo!
Appunti sulle proteste al quarto anniversario, 1° parte

Manifestare nel cuore dell’Impero è una bella sensazione. Soprattutto perché capisci che anche qui molta gente non vuole (più?) la guerra in Iraq.


Monday, March 19, 2007
Vito's anatomy

Tornato a casa sotto una pioggia noiosa, dopo essermi cucinato una veloce pasta alla boscaiola per stasera, domani e i mesi a venire (l'ho buttata nella pentola a occhio), e dopo aver lavato il piatto e un paio di bicchieri arretrati, ho fatto un giro sull'email, spinto dall'abitudine.
Alcuni amici non si fanno sentire per mesi, e a volte questo ti fa sembrare veramente lontano. Ma basta che tu faccia un piccolo passo, ti accosti leggermente, e ti restituiscono qualcosa che non è nemmeno il credito dei mesi passati, è qualcosa di molto, molto di più. La lunga email di Vito, a cui avevo scritto due righe di auguri per l'onomastico, come si usa tra la gente del Sud, è stata l'ultima di un piccolo filone di epistole strappalacrime. Segue a breve quella dell'inafferrabile Moisè Cecconi, amico latitante ma che sa essere melodrammatico al punto giusto, quando vuole.
L'email di Vito l'ho letta proprio lì, sul tavolo della cucina, dopo aver cercato notizie della manifestazione di sabato nei TG italiani. Ed ho alternato attimi di commozione a grasse risate, specialmente nel vedermi riflesso in una celebre frase pronunciata ormai 10 anni fa, durante le lunghe serate sul libro e l'atlante di anatomia. Se non fosse che sono cose personali, e che gli autori potrebbero chiederne i diritti, incollerei queste email qui sul blog, che ognuna vale molto più dei miei post.
Sono cose che ti rimettono al mondo, perdiana, e davvero ti ricordano quanto valga la pena, quel piccolo passo.
Nei prossimi post il meme (come lo chiamano i blogger) che mi chiedi, Vito. Te lo devo.
Friday, March 02, 2007
Bus life

Tuesday, February 13, 2007
Incredibboli

Il colmo è che sono stato messo in mezzo da un gruppo di quattro ragazzotti giovani che si facevano beffe di me perchè mangiavo due fette di pane tipo il nostro, insomma pane quasi normale. Dice che il "pane bianco" abbia un sacco di carboidrati, e qui va di moda la dieta low carb...il terribile velenoso pane bianco!...dei quattro quello che aveva iniziato la discussione non era proprio francamente obeso, almeno!
Thursday, February 08, 2007
Mattonella mon amour


Si dice sempre che la lontananza rafforza i legami. A Natale avevo chiesto a mia mamma di portarmi un sacchetto di biscotti di Prato da trasportare qui negli US, ma solo perché una collega italiana me li aveva espressamente richiesti, assieme ad una “boccia” di vinsanto. La morte dei cantuccini è effettivamente per affogamento, quale fine più dolce che soffocare nel vinsanto toscano? Al rientro dalle vacanze ho disfatto la valigia liberandola della sezione alimentare, che la occupava quasi interamente. E l’azzurro sacchetto è finito sopra la scrivania della mia camera. Era inverno, cominciava il freddo, le lunghe serate col mio coinquilino tedesco asociale…che potevo fare, vostro onore? Galeotto fu il sacchetto…Insomma me li sono mangiati tutti, e non solo nel vino, ma li ho profanati in tutte le salse, da soli, nel caffè, persino nello yogurt. Con mandorle e tutto. Macchè carquiñolis! Ho sentito forse per la prima volta tutto il sapore della provincia fiorentina che, tra fabbriche di stracci, fossi e brulle colline, mi accolse fanciullo.
Wednesday, February 07, 2007
Swimming in the snow

Monday, February 05, 2007
Zero Fahrenheit

La stagione di football è finita, sembra fatto apposta perchè la gente parli solo del freddo. Non ci si saluta nemmeno più, tutti si raccomandano solo "Stay warm"!
