Tuesday, March 20, 2007

Appunti sulle proteste al quarto anniversario, 2° parte

la marcia al Pentagono.

Metti un italiano, quattro catalani, due francesi e un olandese a Washington, un sabato mattina in cui il vento tagliente ancora spazza le strade. Metti un giorno di Marzo, a 4 anni dall’inizio della guerra in Iraq e a 40 da quella in Vietnam.

Camminiamo da Capitol Hill lungo quella striscia di terra che si estende fino e oltre l’obelisco del Washington memorial, paralleli alla Reflecting pool, il lungo specchio d’acqua che ha riflesso alcuni momenti della storia recente. Avvicinandoci al punto di ritrovo, tra Constitution avenue e la 22ma, ci troviamo stretti in un imbuto umano fatto di due ali di energumeni vestiti parte in divisa militare parte in tenuta di pelle da motociclista, con baffi a caduta inclusi. Il passaggio si restringe, e nelle orecchie cominciano a penetrare parole, USA, Jihad e molte altre, sempre più confuse, fino a che decidiamo di sfondare di lato e uscire dalla gabbia.

La contro-manifestazione dei veterani e dei falchi fiancheggia per quasi tutto il percorso, dal Lincoln memorial fino al ponte sul fiume Potomac. Tra i due fronti, poliziotti a cavallo. Traditori, terroristi, se non vi piace andatevene dagli US, la pace attraverso la forza, questi alcuni slogan nei cartelli e dalle gole dei contro-manifestanti. Qualcuno fa il gesto di sparare con una pistola di tre dita su noi manifestanti. Le bandiere americane sventolano con orgoglio fuori, in questa ala inquietante che costeggia il corteo, ma anche dentro, dove sta l’altra metà dei veterani, quella contro la guerra. E paradossalmente, a un certo punto un grido all’unisono si leva da tutti e due i gruppi, tuonando “U-S-A, U-S-A”, come a rivendicare l’orgoglio di questo Paese in cui tutto sembra iniziare e finire.

Dopo il fiume, il corteo si distende vicino al cimitero dei veterani, Arlington, e fino alla spianata davanti al Pentagono, dove pochi solitari tentano di sfondare il posto di blocco, mentre la maggior parte si divide tra il comizio principale e alcuni monologhi sparsi. La piccola moltitudine di circa 10000 persone ha sfidato il freddo durante la marcia, ma poco sopporta il freddo e le parole dei congressmen dal palco, e si disperde rapidamente.

Pure il gruppo dei coriacei europei si ritira verso l’ostello della gioventù, dove il giovane disobbediente Geoffrey non è stato arrestato per la 23ma volta. La sera, ci facciamo guidare da un volontario dell’ostello dentro la “diversità” del quartiere del giorno prima, Adams Morgan, storico nucleo di integrazione raziale sperimentale a W. Ma, prima di partire, giro di presentazioni: più di metà del gruppo, cioè noi, è a W per via della marcia. La guida è sorpresa della nostra giovane età rispetto alla media delle manifestazioni nella capitale, in gran parte vecchi hippies senza ricambio generazionale. Poi gli scappa, candidamente:”Allora meglio che non vi dica chi ho votato”. Certo che come no-global pacifisti incazzati non facciamo proprio paura a nessuno! Più tardi, nel bar, gli offriamo persino la birra.

In alto e in basso: il corteo. Al centro, a destra: la contro-manifestazione pro-war
E' sempre possibile ingrandire le foto cliccandoci sopra, anche per vederli nel viso, quelle facce di...bronzo!

6 comments:

Anonymous said...

Ciao, e' la prima volta che ti leggo. Io sono a Dallas e l'unica cosa di cui un po' mi lamento e' proprio questa mancanza di impegno o di interesse per la politica e il sociale di quelli che conosco qui. In realta', sono qui da poco e non so se magari e' solo che non ho ancora trovato i canali giusti...

Marco Inzitari said...

nonsisamai,

non conosco la situazione del Taxas, e di Dallas in particolare...ci ho passato pochi giorni a Novembre, ma da quello che so e' terreno dei conservatori (vicenda Kennedy a parte, ma non troppo).

Il nord-est e la costa ovest (da Seattle a San Fran) hanno una tradizione liberale molto piu' spiccata. Qui nel "nord-mezzo", comunque, si sopravvive. Credo sia soprattutto Pittsburgh, perche' il resto della Western Pennsylvania e' abbastanza retrogrado. Ma qui in citta' c'e' una certa attivita' dalla base, in parte, credo, per la storia operaia, in parte per le due grandi Universita'. E Washington non e' lontanissima.

A presto, e fammi sapere se migliora. In bocca al lupo.

Anonymous said...

Tradizionalmente conservatori, ma come la mettiamo con lo sceriffo Lupe Valdez donna, gay e messicana?
La realta' per fortuna e' sempre piu' complessa di quello che ci piacerebbe pensare.Il discorso sarebbe un po' lungo, forse mi sono spiegata male. Adoro il texas e' solo che probabilmente non ho ancora capito bene come funziona :)

Marco Inzitari said...

Che negli US la realta' sia alquanto complessa e' un fatto. Per esempio, in alcuni stati sono praticamente accettati i matrimoni gay, in altri i gay sono visti come malati.

Il tuo punto di vista mi sembra molto interessante. Se hai un po' di tempo puoi provare a spiegarmi(ci)...

Anonymous said...

L'espressione dei conflitti e delle contraddizioni interne(anche all'individuo) fa parte dei loro valori fondanti; talvolta l'ostentazione della diversità si riduce a un rituale svuotato di aggressività reale, in cui questi valori fondanti si riaffermano ("U-S-A, U-S-A!", come al wrestling...).

herdakat said...

Mi sembrava di aver scritto un commento sulle molteplici personalità degli stati uniti e Noam Chomsky, ma non lo trovo più...