Wednesday, March 28, 2007

Lost and found, II parte

...segue dal post precedente.

Cristine e Eric si scrivono spesso, ogni giorno, ormai. Lei rientra dalla lezione e trova un altro commento, ma non lo cerca in chat, perché lui non è ancora tornato da Arby’s, turno di pomeriggio. Eric e Cristine parlano a lungo al telefono, tutti e due hanno Verizone, cool, un sacco di minuti gratis.

Dopo un mese Cristine conosce Eric più di quanto abbia conosciuto chiunque altro nella vita, a parte sua madre. Ed Eric sa che Cristine ha visto almeno cinquanta volte Gladiator e trenta Kill Bill, e che ha una voce sottile ma forte. Un mese e mezzo, e si scambiano le foto, hanno un po’ di paura ad aprire il file. Dopo due mesi la Hyunday di Eric attraversa il Missouri, un pezzo di Illinois, l’Indiana e l’Ohio, e dopo mille chilometri arriva in western Pennsylvania.

Eric sa già che riempirà un’application per il College, a Pitt, che prenderà in una sacca i suoi vestiti e rifarà quella strada, presto. Troverà una stanza al piano terra di una grande story house, dividerà la cucina con un italiano che non sta mai a casa, e Cristine porterà nella sua stanza i suoi 150 dvd, che non sopporta più quella stronza della sua compagna di casa. Tutti e due dormiranno, di pomeriggio, dopo la lezione di danza, al risveglio Eric farà cadere un bicchiere per terra, e usciranno per un sandwich da Panera. Eric aspetterà la chiamata da Harris Grill, per qualche giorno di apprendistato e forse un lavoro, ma intanto avrà tempo di pulire bene la sua stanza, che il prossimo fine settimana la madre di Cristine sarà in città, per il recital della figlia.

Lost, and found...

Eric è del Nebraska, ma vive in Oklahoma. Ha vent’anni, studia Educazione al college e lavora da Arby’s. E’ estroverso e gentile, sa cucinare maccaroni and cheese ma di solito rientra a casa con una pizza take away. E' piuttosto sovrappeso e ha due occhi azzurri vivi. Eric è parzialmente sordo. Gli amici gli parlano più forte, agli estranei deve chiedere spesso “What’s @?”. Porta t-shirt chiare e scarpe da ginnastica, e in casa cammina scalzo. Gli piace che la sua stanza, in affitto da un amico, sia pulita, ma non è organizzato, quindi la stanza è un casino. Eric ha una ragazza conosciuta in un bar, che lavora full-time e spesso gli offre da bere. Segue Lost – tv serie –, è persino iscritto al sito web, commenta gli episodi e legge i commenti degli altri.

Tra le quattro e le cinque insegna tap. Cristine è una ballerina. Tra qualche mese i suoi allievi faranno un piccolo recital. E’ del nord della Pennsylvania, ma si è trasferita nel middle-west per andare al college. Ha diciotto anni, gli occhi verde smeraldo su un viso pallido e una coda di capelli crespi, neri. E’ timida, e si nasconde dietro gli occhiali, se non ti conosce. A Pitt divide una stanza alla casa dello studente con un’altra, più grande, a cui piace un po’ comandare. Cristine, quando rientra in camera, nel pomeriggio, non ha voglia di parlare, accende il portatile, apre il frigo e beve un lungo sorso dalla bottiglia, e si siede con la schiena appoggiata alla testata del suo letto e il portatile sulle gambe. Dà un’occhiata al suo profilo, su my space, lancia messenger, guarda le foto che la sua amica della high school ha postato nella sua pagina. L’icona del messenger lampeggia, in basso, sua sorella è in linea anche lei. Non legge la chat, gira sul sito di Lost – tv serie – per vedere se ci sono commenti dopo quello che ha lasciato ieri notte. Ce ne sono un paio, sweet!, risponde ai commenti e poi chatta con sua sorella.

Pic: Litchfield Towers (Pitt's dorms)

Sunday, March 25, 2007

Appunti sulle proteste al quarto anniversario, 3° e ultima parte

a Pittsburgh, 24 Marzo. Si è toccato l'apice!

Solo questo...una band di strada (tipo i fiorentini "fiati sprecati") suonava e cantava una versione americana di Bella ciao, con un testo distorto che poco aveva a che fare.

Mi sono ritrovato a cantare, da solo, la versione orginale al megafono, camminando su Craig south, e hanno preteso il bis tra Fifth e Bouquet street.

Un successo di pubblico e critica, chissà se anche qualche agenzia federale avrà preso nota.

Tuesday, March 20, 2007

Appunti sulle proteste al quarto anniversario, 2° parte

la marcia al Pentagono.

Metti un italiano, quattro catalani, due francesi e un olandese a Washington, un sabato mattina in cui il vento tagliente ancora spazza le strade. Metti un giorno di Marzo, a 4 anni dall’inizio della guerra in Iraq e a 40 da quella in Vietnam.

Camminiamo da Capitol Hill lungo quella striscia di terra che si estende fino e oltre l’obelisco del Washington memorial, paralleli alla Reflecting pool, il lungo specchio d’acqua che ha riflesso alcuni momenti della storia recente. Avvicinandoci al punto di ritrovo, tra Constitution avenue e la 22ma, ci troviamo stretti in un imbuto umano fatto di due ali di energumeni vestiti parte in divisa militare parte in tenuta di pelle da motociclista, con baffi a caduta inclusi. Il passaggio si restringe, e nelle orecchie cominciano a penetrare parole, USA, Jihad e molte altre, sempre più confuse, fino a che decidiamo di sfondare di lato e uscire dalla gabbia.

La contro-manifestazione dei veterani e dei falchi fiancheggia per quasi tutto il percorso, dal Lincoln memorial fino al ponte sul fiume Potomac. Tra i due fronti, poliziotti a cavallo. Traditori, terroristi, se non vi piace andatevene dagli US, la pace attraverso la forza, questi alcuni slogan nei cartelli e dalle gole dei contro-manifestanti. Qualcuno fa il gesto di sparare con una pistola di tre dita su noi manifestanti. Le bandiere americane sventolano con orgoglio fuori, in questa ala inquietante che costeggia il corteo, ma anche dentro, dove sta l’altra metà dei veterani, quella contro la guerra. E paradossalmente, a un certo punto un grido all’unisono si leva da tutti e due i gruppi, tuonando “U-S-A, U-S-A”, come a rivendicare l’orgoglio di questo Paese in cui tutto sembra iniziare e finire.

Dopo il fiume, il corteo si distende vicino al cimitero dei veterani, Arlington, e fino alla spianata davanti al Pentagono, dove pochi solitari tentano di sfondare il posto di blocco, mentre la maggior parte si divide tra il comizio principale e alcuni monologhi sparsi. La piccola moltitudine di circa 10000 persone ha sfidato il freddo durante la marcia, ma poco sopporta il freddo e le parole dei congressmen dal palco, e si disperde rapidamente.

Pure il gruppo dei coriacei europei si ritira verso l’ostello della gioventù, dove il giovane disobbediente Geoffrey non è stato arrestato per la 23ma volta. La sera, ci facciamo guidare da un volontario dell’ostello dentro la “diversità” del quartiere del giorno prima, Adams Morgan, storico nucleo di integrazione raziale sperimentale a W. Ma, prima di partire, giro di presentazioni: più di metà del gruppo, cioè noi, è a W per via della marcia. La guida è sorpresa della nostra giovane età rispetto alla media delle manifestazioni nella capitale, in gran parte vecchi hippies senza ricambio generazionale. Poi gli scappa, candidamente:”Allora meglio che non vi dica chi ho votato”. Certo che come no-global pacifisti incazzati non facciamo proprio paura a nessuno! Più tardi, nel bar, gli offriamo persino la birra.

In alto e in basso: il corteo. Al centro, a destra: la contro-manifestazione pro-war
E' sempre possibile ingrandire le foto cliccandoci sopra, anche per vederli nel viso, quelle facce di...bronzo!

Appunti sulle proteste al quarto anniversario, 1° parte

la fiaccolata di venerdì 16 Marzo.

Manifestare nel cuore dell’Impero è una bella sensazione. Soprattutto perché capisci che anche qui molta gente non vuole (più?) la guerra in Iraq.

Quattro ore in macchina dividono Pittsburgh da Washington DC. Venerdì nevicava, e sulla Turn Pike le spargisale te lo spargevano addosso, il sale, alterando la visibilità più della neve stessa. La conversazione con Enrico è stata ampia e piacevole.

La cattedrale di Washington era affollata da una moltitudine di cristiani per larghissima parte non cattolici, che cantavano e ascoltavano testimoni dall’Iraq, o leggevano i passi delle mamme dei soldati morti, o le ultime lettere dei loro figli. Sarebbe stata un buon brodo di coltura per quelli che da noi si chiamano catto-comunisti, tra cui alcuni miei buoni amici.

La fiaccolata è partita alle otto di sera, e, contro un vento gelido retro-invernale, in poco più di due ore ha coperto le 3 miglia e mezzo fino alla Casa Bianca, presidiata da pochi agenti in tenuta antisommossa. “We shall overcome”, soffuso e pacato, a più riprese accompagnava una leggera nevicata.

Joe G , un uomo tra i 60 e i 70 dal tipico aspetto di (non)catto-comunista (dalla barba bianca alla giacca a vento da montagna blu, capito il tipo?), era il contatto di Enrico. Quando ho chiesto a Joe se avrebbe partecipato alla manifestazione del giorno dopo, mi ha risposto candidamente che la moglie aveva in programma di farsi arrestare, quella sera, e che il giorno dopo l’avrebbe dovuta supportare mentre era dietro le sbarre. Wanda, all’ultimo momento, ci ha ripensato, e verso le tre di notte se ne è tornata a casa. Ma altri duecento, età media dei miei genitori, hanno placidamente violato la zona di sicurezza davanti alla White House, sono stati ammanettati e perquisiti a uno a uno, e caricati su autobus di linea fino al commissariato. Avevano ricevuto uno specifico corso per la disobbedienza civile, compresa lezione di diritto, e al mattino erano già a piede libero. Per gli altri, che non avessero fatto il corso, un volantino raccomandava di astenersi dall’arresto, please.

Dopo mezzanotte qualsiasi città americana è deserta, e W non fa eccezione, neanche di venerdì sera. Il nostro viaggio in subway verso il quartiere di Adams Morgan, alla ricerca di cibo, è stato un mezzo fiasco. Comunque, io ero con un panino dalla mattina, e a quell’ora qualche pizza slice in un buco con 20 libanesi al servizio e un solo avventore, a parte noi, è andato più che bene.

Verso l’una ci stendevamo sui divani di una scuola, e nè l’uomo il cui russare fa tremare la pareti né l’andirivieni di Wanda hanno disturbato il nostro sonno, dopo una lunga giornata.
PS: E' possibile cliccare sulle foto per ingrandirle...

Monday, March 19, 2007

Vito's anatomy

Mi stavo mentalmente preparando a scrivere del fine settmana passato a Washington DC e delle manifestazioni contro la guerra in Iraq cui ho partecipato...ma sono quelle cose che hai voglia di far sapere ma non veramente di raccontare, e il racconto diventerebbe una cronaca da due soldi. Lo farò quando mi verrà voglia.

Tornato a casa sotto una pioggia noiosa, dopo essermi cucinato una veloce pasta alla boscaiola per stasera, domani e i mesi a venire (l'ho buttata nella pentola a occhio), e dopo aver lavato il piatto e un paio di bicchieri arretrati, ho fatto un giro sull'email, spinto dall'abitudine.

Alcuni amici non si fanno sentire per mesi, e a volte questo ti fa sembrare veramente lontano. Ma basta che tu faccia un piccolo passo, ti accosti leggermente, e ti restituiscono qualcosa che non è nemmeno il credito dei mesi passati, è qualcosa di molto, molto di più. La lunga email di Vito, a cui avevo scritto due righe di auguri per l'onomastico, come si usa tra la gente del Sud, è stata l'ultima di un piccolo filone di epistole strappalacrime. Segue a breve quella dell'inafferrabile Moisè Cecconi, amico latitante ma che sa essere melodrammatico al punto giusto, quando vuole.

L'email di Vito l'ho letta proprio lì, sul tavolo della cucina, dopo aver cercato notizie della manifestazione di sabato nei TG italiani. Ed ho alternato attimi di commozione a grasse risate, specialmente nel vedermi riflesso in una celebre frase pronunciata ormai 10 anni fa, durante le lunghe serate sul libro e l'atlante di anatomia. Se non fosse che sono cose personali, e che gli autori potrebbero chiederne i diritti, incollerei queste email qui sul blog, che ognuna vale molto più dei miei post.

Sono cose che ti rimettono al mondo, perdiana, e davvero ti ricordano quanto valga la pena, quel piccolo passo.

Nei prossimi post il meme (come lo chiamano i blogger) che mi chiedi, Vito. Te lo devo.

Thursday, March 15, 2007

Se una notte d'inverno...

Come alcuni di voi sapranno, tra le mie numerose imperfezioni c'è quella di soffrire d'insonnia. Non è una cosa costante, e varia in frequenza a seconda dei periodi, ma direi che rientro in pieno nella definizione. E' così da molti anni, ma con l'età si sta acuendo, e le responsabilità diurne rendono la cosa più fastidiosa. Vi rispamio le ipotetiche cause, molteplici; chissà che prima o poi non ci torni su, nel blog. Le caratteristiche della mia insonnia sono variabili, la cosa più frequente è il risveglio verso le due o le tre, senza possibilità di riaddormentarmi. In questi casi si provano tutte, per cercare di dormire, girandosi su se stessi cento volte, con inevitabile seccatura che peggiora la situazione.

Due giorni fa mi sono casulamente imbattuto in un seminario sul sonno tenuto da una psichiatra dell'Università. Calcava molto la mano sul concetto che il letto serve solo per dormire e per fare sesso, e non si deve stare a letto se non si dorme (o si fa sesso). Per cui suggeriva, in caso di risveglio per più di mezz'ora di seguito, di non rimanere a letto, qualunque ora sia, ma di alzarsi e fare qualcosa. Quest'attività dovrebbe essere un qualcosa di non fisicamente e mentalmente impegnativo, che altrimenti risulterebbe più attivante. Uno degli esempi che faceva era quello di riordinare le fotografie. Ora, se solo mi immagino alle tre di notte a riordinare foto mi sento un bischero, come si direbbe a Firenze. Ma secondo voi, che cavolo potrei fare?

Come si dice sempre, "prima di tutto la salute", o "quando c'è la salute...", quindi stavolta non mi deludete, ho bisogno dei vostri consigli su possibili attività notturne.

E buona, hem, notte.

Friday, March 09, 2007

Nave senza nocchiero?

...appunti sulla politica italiana per uno straniero.

Le leggi elettorali cambiano, i governi cadono, agli occhi degli stranieri la politica italiana è incomprensibile. Non lasciamoci ingannare dalla cronaca. L’Italia è il Paese europeo che ha mantenuto la maggiore stabilità politica, negli ultimi 50 anni.

Molti si chiedono quale sia il segreto dell’Italia, che riesce a rimanere a galla nonostante tutto. E’ proprio il suo sistema politico, che tra accordi, sfiducie, rimpasti, governi tecnici ed elezioni anticipate, riesce a mantenere una solida filosofia politica di base e, sul piano materiale, una costanza dell’orientamento e della programmazione. Il tutto ispirato ad un ideale cattolico, moderato e legato al debito storico verso l’alleanza atlantica, e improntato ad una gestione conservatrice. Maggioranze solide e decentrate o effettiva rappresentanza delle minoranze farebbero rischiare mutamenti politici reali nell'arco di cicli annuali o addirittura quinquennali. Riforme e controriforme, insomma, porterebbero davvero all’instabilità. Il governo più stabile, il Berlusconi secondo, ed il suo Parlamento, sono comunque rimasti ancorati nel mezzo, con moderate aperture alle frange di estrema destra e xenofoba, possibili grazie a concessioni ancora maggiori al centro reazionario.

Al di là delle apparenze, la rotta è chiara. Purtroppo la realtà circostante è mutata, e le sfide non sono più quelle degli anni ‘50 né dei ’70. Al posto fisso è subentrato il precariato dilagante, all’industria la finanza, alla produzione artistica e culturale la distrazione a fini commerciali. La burocrazia non si è mai adeguata al dinamismo e agli scenari mutevoli del presente e del prossimo futuro. Il turismo regge, grazie ai nostri antenati di cui ci ricordiamo sempre meno.

Nonostante il temperamento tragicomico e l'autoironia di noi italiani, navighiamo su una solida corazzata. Anche Dante dovrebbe ricredersi. Ma forse la nave è talmente solida e rigida da non riuscire ad adattarsi al cambiamento dei venti e a navigare in acque più basse. Sembra che non potremo fare altro che stare a guardare, ancora una volta non dipende da noi.

Monday, March 05, 2007

Pan's Labyrinth

Qualcuno l'ha visto (Il labirinto del fauno)? Io sì, e l'ho trovato un gran bel film. Due righe sono su Ulysses.

Friday, March 02, 2007

Bus life

Quando alle otto di mattina , subito prima di entrare al lavoro, l’anziana conduttrice di colore ti saluta:” Have a nice day, sweet heart”, la giornata si mette subito bene. E’ la stessa che aspetta anche se e’ scattato il verde, quando ti vede sbucare di corsa da dietro la cantonata. Altri, invece, sono meno cortesi, non aprono la porta di dietro per farti scendere anche se nell’autobus c’e’ la calca e per arrivare a quella anteriore devi spalmarti su tutta la fila. E poi non te la mettono mica facile, da queste parti: si paga o si mostra la tessera al salire se da fuori citta’ si va in direzione di downtown, viceversa si paga all’uscita. E’ curioso, sara’ pure per una questione di traffico, pero’ crea sempre una certa confusione... e ti trovi pure quelli incazzati, che, se ti vedono dubitare, gridano in tono marziale: “Only when you get off!”. Quasi nessuno paga, ne’ gli studenti e i dipendenti dell’Universita’, ne’ gli anziani. Il che include i tre quarti della popolazione. Un dollaro e 75 la corsa, se ce l’hai precisi bene, senno’ lasci due. Ma gli autisti buoni, se non hai il cambio, ti fanno cenno di tirare dritto. Tipico e’ quello seduto in prima fila che dorme. Ce n’e’ sempre almeno uno, di solito afro-americano, di una certa eta’, che occupa due sedili. Forse e’ di serie. La testa che gli balla, un sacchetto del supermercato, il giubbotto consunto che si fonde con la fodera dei sedili, di un tessuto sdrucito rosa, con disegnati, una volta, giochi floreali.

Thursday, March 01, 2007

In quattro parole

Semplicemente geniale...chapeau!

da il Manifesto, giovedi' 1 marzo 2007.